lunedì, novembre 16, 2009

Il pellegrino Josè Antonio Garcia Calvo ha fatto tappa a Sanremo

José Antonio Garcia Calvo, 60 anni, è un pellegrino con se ha solo uno zaino di 20 chili che porta in spalla: dentro c'è una piccola tenda, il diario dove scrive le sue avventure quotidiane e un grosso libro dove all'interno vi è una rassegna stampa internazionale sulla sua impresa: Josè, con la sua simpatia è giunto nella città dei fiori ieri domenica 15 novembre. Il suo peregrinare è da record: fino a oggi 95 mila chilometri percorsi a piedi o in bicicletta, però mi dice che gli è stata rubata. Nel cuore la sua casa lontana, la figlia e due nipoti, una di 5 anni ed uno di appena 12 mesi che non ha ancora avuto il piacere di conoscere. Nelle gambe la fatica degli antichi viandanti e negli occhi il ricordo di una sciagura del mare di dieci anni fa.
A Sanremo Josè c'è stato giusto il tempo per riposare qualche ora ed è ripartito per Lourdes. "Il mio viaggio comincia nel 2000, - mi dice al microfono - anno del Giubileo, per un voto fatto alla Madonna".
A dargli forza e coraggio una devozio­ne profonda nei confronti della mamma di Gesù, alla quale nei giorni più tristi della sua vita ha fatto un solenne giuramento. José Antonio Garcia, è con me seduto ad un tavolo di un Bar al Sud Est di Sanremo e mi racconta com'è iniziata la sua avventura: "Sono un marinaio spagno­lo e tra la fine dell'anno 1998 e l'inizio del nuovo anno 1999 mi tro­vavo a bordo di un peschereccio norvegese. (Il peschereccio d’altura “Revoluciòn”, settanta metri di metallo) In una notte di tempesta la nostra nave è affondata. È colata a picco trascinando via tutto l'equipaggio 17 persone. Io sono l'unico sopravvissuto". Gli altri sedici marinai sono morti. "Per nove ore sono rimasto aggrappato ai corpi sen­za vita di due colleghi, fino a quando, il primo giorno del gennaio del 1999, un elicottero mi ha tratto in salvo portan­domi via dalle acque gelide dei mari del Nord. Mi hanno curato in un ospe­dale islandese, dove sono rimasto per otto mesi, chiuso in una camera iperbarica. I medici mi avevano annunciato che molto probabilmente non avrei mai più potuto camminare. Allora ho fatto un voto: se le gambe fossero state di nuovo in grado di reggermi, avrei camminato per un lungo pelle­grinaggio attraverso tutti i luoghi sa­cri della Cristianità". Ha attraversato i continenti, approdando persino in Iran, Nepal e Tibet. Nel febbraio del 2007 ha raggiunto Gerusalemme, una del­le mete più importanti. Qualche anno prima nel 2000 ha anche avuto udienza da Papa Giovanni Paolo II, solo qualche minuto di raccogliemento,mentre col Dalai Lama ha trascorso un mese intero al suo fianco in Bangladesh. Ora è diretto a Lourdes, sui Pirenei. "Il mio viaggio terminerà quando rientrerò a casa, a Cadiz in Spagna, fra circa due mesi". E qui scrivero un libro, dal probabile titolo "I tre nemici del pellegrino". Che sono i piedi, i quali fanno soffrire quando cammini; i cani a due gambe, ossia le persone cattive; i preti, dai quali non ha mai ricevuto sostegno". Josè infatti, ha conosciuto diverse persone caritatevoli in tutto il mondo ma è rimasto deluso dagli Italiani, che lo hanno scambiato per un barbone e non per un pellegrino devoto a Dio. (Nel video di Etta Barbarotto uno stralcio dell'intervista rilasciata da Josè Antonio Garcia Calvo alla giornalista per Imperia Tv)

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