martedì, giugno 01, 2010

PIERO SIDOTI VINCE LE SELEZIONI DEL FESTIVAL GABER 2010 - DA OGGI NEI NEGOZI IL SUO PRIMO ALBUM "GENTEINATTESA"

La Fondazione Giorgio Gaber ha reso noto ieri che Piero Sidoti è uno dei due vincitori che prenderanno parte alla sesta edizione del Festival Teatro Canzone Giorgio Gaber, in programma il 23 e 24 luglio 2010 alla Cittadella del Carnevale di Viareggio. Dell'artista friulano è da oggi nei negozi il primo album GENTEINATTESA, una galleria di ritratti in musica di personaggi anonimi che stazionano nell’incertezza e affidano alla fertilità dell’immaginazione disincantata la linea della loro resistenza ingegnosa.
Al Festival Gaber Sidoti proporrà anche alcune scene e canzoni che fanno parte di Particelle, spettacolo che traccia il ritratto di una generazione; al centro la comica odissea di un giovane del Duemila, superesperto di tutto e di niente, costretto come tanti allo slalom tra mille scollati lavori di ripiego. Info su www.giorgiogaber.it
GENTEINATTESA -da leggersi così, tutto d’un fiato- è il primo disco del cantautore di Udine PIERO SIDOTI.
E’ prodotto da PRODUZIONI FUORIVIA e distribuito da EGEA MUSIC su etichetta ODD TIMES RECORD. E’ disponibile dal mese di maggio 2010.
Il Cd ha gli arrangiamenti di Antonio Marangolo e nel bel libretto che lo accompagna i bei disegni di Gianluca Buttolo.
E’ introdotto da un commento del giornalista Massimo Cotto e dalla presentazione entusiasta di Lucio Dalla che ebbe modo di conoscere Piero al Premio Recanati nel 2004, apprezzandolo al punto da mettere a disposizione il suo studio personale per la registrazione di 3 brani presenti nel disco (“La Venere nera”, “La conta di Caino” e “La rapina”). Su alcune tracce si riconoscono gli interventi dell’amico e attore Giuseppe Battiston.
GENTEINATTESA è un titolo vagamente beckettiano. Rimanda a persone anonime che stazionano nell’incertezza, aspettando che arrivi il loro treno-Godot. E intanto, in quella pausa di sospensione, affidano alla fertilità dell’immaginazione disincantata la linea della loro resistenza ingegnosa. Più che vivere al centro, è gente comune che sopravvive ai margini e proprio lì, in quelle periferie dell’animo e della società, affina una propria particolare sensibilità, capace di rubare alle cose attimi unici di emozioni e pensieri, per piccole storie quotidiane intrise di irripetibile originalità umana.
In12 tracce si disegna una galleria irresistibile di ritratti umani, con personaggi defilati, rimossi, disattesi: la prostituta di “venere nera”, un vecchio ballerino in disarmo, un acrobata, un prigioniero, un musicista, un giovane precario a vita.
Quasi un concept album,-debitore, in molti tratti della tradizione del “teatro canzone”- sui disagi e le contraddizioni di una generazione e di un’epoca.
Piero Sidoti fa il professore di matematica e scienze a Udine, è una persona normale e arriva al suo primo vero disco all’età di 42 anni. Ci arriva tardi, inutile negarlo, ma la sua storia comincia molto prima e i riconoscimenti importanti non sono mancati, a cominciare dalla vittoria al Premio Recanati (oggi Musicultura) e dagli apprezzamenti di importanti rappresentati del mondo della musica italiana. Ci arriva tardi, a voler sintetizzare, perché Piero è una persona coerente, che non ama i compromessi né le facili scorciatoie. E noi che siamo dei pazzi sognatori glielo produciamo perché siamo rimasti conquistati dalla bellezza intensa del progetto, dalla sua voce grave e al tempo stesso limpida e anche perché lo sentiamo quasi come un dovere morale, nonostante i tempi duri e bui.
Paola Farinetti – Produzioni Fuorivia
LA PRESENTAZIONE DI LUCIO DALLA
Gente in attesa: finalmente è arrivato e si fa vedere e sentire da tutti.
Ho sempre ascoltato, incontrato Sidoti come uno che venisse da fuori e che raccontasse storie che partivano da lontano come lui, storie che parlavano di persone strane o poco incontrate, se non addirittura mai viste, che nel mio immaginario, sparse per l’Europa centrobalcanica, cambiassero treno o vita a Trieste (“Trst” in sloveno) e che non dormissero se non due o al massimo tre volte alla settimana e mangiassero solo pesci volanti o chissà quali altre stranezze.
Cosa rende diverso Sidoti dalla maggior parte di quelli che cantano, scrivono o tutte due le cose? Francamente non lo so con certezza ma suppongo siano la sua faccia e la sua provenienza etnica e culturale. Piero sa molte cose e non te le dice tutte in una volta ma parte da lontano come tutti quelli che vengono dal nord del mistero e magari ti raccontano di una puttana brasiliana che lavora tra Gorizia e Fiume e vive con una giovane scimmia che tutto il giorno sbriciola arachidi e brustulli. Non so se avete capito che, finalmente, mi trovo davanti a qualcosa di veramente diverso, ad occhi usati in un altro modo per sentire più che vedere e ad orecchie fatte apposta per ascoltare misteriosi tramonti o albe sul mare.
Senza entrare nel bosco delle parole e nella trappola della retorica, vi do l’unico consiglio per
gustare questo disco: prendete il fiato, trattenetelo e buttatevi giù fino in fondo.
Lucio Dalla
LA PRESENTAZIONE DI MASSIMO COTTO
È strana e affascinante la commedia umana di Piero Sidoti, uno di quelli che gioca con le parole come il gatto con il topo. In apparenza non ci sono vincitori ma solo vinti, però poi, secondo il decalogo di De Andrè, dietro l’ultima curva si trasformano tutti in anime salve, vagabondi della vita, camminatori scalzi di un palcoscenico dove non esistono le sconfitte ma solo vite emarginate, percorsi in bilico dove cadere è un attimo, ma l’attimo non arriva mai perché esiste ancora un dio, anche se per loro ha la minuscola.
Sono veneri nere che si svegliano alla luna e poi vanno alla deriva. Sono ballerini della Scala ridotti a sognare l’ultimo spettacolo con Bobby il cagnolino, spettatore residuo di un’opera buffa solo per chi non ha mai provato il senso di disperazione che avvolge chi non ha un presente e può coniugarsi soltanto al passato. Sono orchi buoni che tentano di sfuggire alle fiabe perché il lieto fine non è mai per loro.
Non ci sono solo personaggi da accarezzare, però, altrimenti non sarebbe vita, ma solo commedia. Nella guerra di Piero, i fucili sono puntati contro chi rigetta le responsabilità in nome di una mal interpretata eterna adolescenza e contro chi cammina con la schiena dritta solo perché pensa di essere fuori dal coro e invece è uno dei tanti, pronto a sparare pallottole di rapida cultura senza sapere che gente così è sempre caricata a salve.
Piero Sidoti ha la felicità piena dell’uomo che è sempre contento solo a metà. E infatti scrive che “la vita è bella come una ferita, come la polvere che non si stacca mai dalle dita”; non rincorre lune piene con amanti dalla facce deficienti, si concede, al limite, il breve lusso di una richiesta semplice: un giocattolo che lo riporti bambino. Solo per un attimo, però. Poi, accetta che rotoli via. Sa che il passaggio a livello non può né deve restare aperto per sempre.
Sapere che esistono artisti come Piero Sidoti - sobrio fino all’eccesso, uno che alle scorciatoie preferisce il deserto purché la sabbia resti sua - fa bene alla musica. E a tutti noi che a volte ci dimentichiamo che sopravvivere è una cosa, vivere un’altra.
Massimo Cotto

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