venerdì, settembre 04, 2009

Il Presidente Burlando alla commemorazione della Battaglia di Monte Grande (Im)

Il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando sarà domenica 6 settembre 2009 alle ore 10.00 a San Bernardo di Conio (Imperia) per la commemorazione della Battaglia di Monte Grande organizzata dall'ANPI.
Quel lontano episodio della guerra partigiana, rimane vivido nelle menti e nei cuori dei garibaldini superstiti che con coraggio e fierezza alimentarono quell’epopea partigiana e nei sentimenti della
gente, che condivise le idealità e le finalità perseguite all’atto della ribellione che poneva le basi del futuro riscatto e della riscossa nazionale.
La «Battaglia del Monte Grande», sul piano puramente militare, non regge il confronto con nessuna delle terrificanti “macellazioni” già verificatesi sui teatri di guerra d’Europa e d’Africa e nemmeno incide sul piano puramente statistico. Ma l’assalto condotto con così furibonda determinazione dal drappello di garibaldini offertisi volontari per salire a snidare i tedeschi
dalla cima del Monte Grande, ritorna a giganteggiare, per l’indiscutibile valore che quell’azione disperata, evidenziava, in misura assoluta.
Il comando tedesco, organizzando quella vasta operazione di rastrellamento, vi aveva impiegato oltre ottomila soldati e si era posto l’obiettivo primario del posizionamento sulla cima del Monte Grande, data l’importanza strategica che rivestiva e per l’insidia mortale a cui poteva sottoporre le formazioni partigiane dislocate nell’area sottostante.
Forti dello strapotere loro derivante da quel grande spiegamento militare, i tedeschi inizialmente furono favoriti dal fatto che erano circolatenotizie rivelatesi infondate, direttamente fuorvianti che valsero a cogliere impreparati i distaccamenti partigiani che data la carenza di informazioni su quanto si andava delineando, subirono notevoli scompensi. Si era determinata una situazione
estremamente precaria, per ovviarvi il comando partigiano convocò i comandanti dei distaccamenti presenti nella zona e all’unisono convennero sul fatto che non esistevano alternative all’immediata riconquista del Monte Grande.
Una cosa facile a dirsi, ma la cui realizzazione investiva problemi quasi irrisolvibili, in rapporto ai
mezzi che potevano essere impiegati. Furono allertati i mortaisti, da poco
aggregati ai partigiani della Val Prino, a seguito della diserzione dal
battaglione San Marco e un drappello di garibaldini si offerse volontariamente. I giovani mortaisti erano animati da genuino risentimento nei confronti dei tedeschi, dai quali avevano subito infinite angherie. Li avevano deportati in Germania dopo l’otto settembre, ne avevano coartato la volontà, obbligandoli ad entrare nel costituendo esercito dellarsi. Ma non appena se ne presentò l’occasione, scelsero di trasmigrare armi e bagagli con i partigiani operanti in zona. E quando quel 5 settembre del ’44, ricevettero le istruzioni che il caso comportava, erano psicologicamente e militarmente preparati a svolgere quel compito di rottura, considerandolo il degno epilogo della loro missione. Manovrarono con perizia i loro
mortai, facendo tesoro e onore degli insegnamenti appresi in Germania. Sapevano quanto fosse importante, date le reazioni che potevano produrre sul morale di quei soldati, che tutti i colpi sparati centrassero il bersaglio predestinato. Colpirono quel lontano e alto bersaglio, seminando un panico indescrivibile. Nel mentre il drappello dei garibaldini a rapide falcate aveva iniziato
a risalire le pendici del Monte Grande, si sentiva rincuorato nel rilevare le esplosioni che avvenivano su quel cocuzzolo, meta a cui disperatamente tendevano. Sul piano puramente teorico, quell’azione disperata rivestiva caratteristiche suicide. Quei giovani garibaldini, rispecchiavano il fior fiore dei loro distaccamenti, ed erano digiuni delle conoscenze che si acquisiscono nelle accademie militari......................................................

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