

Appuntamento con la poesia oggi pomeriggio nel Teatro dell’Opera del Casinò di Sanremo. Tema dell’incontro “I poeti del Mito”. Giuseppe Conte e Ito Ruscigni, infatti, hanno affrontato l'argomento attraverso due loro opere e sono stati introdotti da Marco Vannini.
Giuseppe Conte ha letto al pubblico presente in Teatro brani dal suo poema “ Non finirò di scrivere sul mare”. Ito Ruscigni ha presentato il suo ultimo libro: “Stella del Nord. Nuove Laminette Orfiche.”
Poeta, narratore e saggista, Giuseppe Conte è nato ad Imperia.
Ha studiato all'Università Statale di Milano laureandosi in Lettere nel 1968, con una tesi di estetica. Abbandonato l'insegnamento, è diventato consulente per la poesia dell'Editore Guanda ed ha scritto per giornali come Stampa Sera, Mercurio (supplemento culturale di Repubblica) e Il Giornale.
Non finirò di scrivere sul mare.
Non finirò di cantare
quello che c’è in lui di estatico
quello che c’è in lui di abissale
la sua vastità disumana
senza pesantezza, senza un vero confine
la sua aridità senza sete, senza spine
le sue forme in perenne mutamento……
Intervista di Mario Biondi a Giuseppe Conte
Mario Biondi - Dal libro “Terre del mito” lo si capisce benissimo, ma spieghiamolo a chi non lo ha ancora letto. Sei stato tu a cercare il "mito" o è stato il "mito" a cercare te, per così dire a chiamarti?
Giuseppe Conte – Negli anni Settanta, il mito non godeva di buona reputazione nella cultura europea, al massimo veniva considerato una branca degli studi di antropologia o di antichistica. Ma una letteratura che ritrovasse radici mitiche non la voleva proprio nessuno. Il mito mi ha raggiunto mentre mi trovavo nel punto più estremo della crisi, quando ero arrivato a pensare che poesia e narrazione non fossero più possibili, almeno per me, e che non esistesse altro che un sapere critico e analitico. Il mito mi ha cercato per fare in modo che io riprendessi a interrogarmi sui primi grandi misteriosi insolubili perché della nostra esistenza. Per darmi una chiave di accesso ai primordi del nostro essere ma anche al suo possibile futuro. Ho trovato un colle anticamente sacro ai Druidi sulle Alpi Marittime, a due passi da dove mio padre aveva comperato una casa, e da lì sono arrivato in Irlanda perché il mito celtico, che lì ancora sopravvive, mi chiamava a sé. E ho ripreso ad aver fiducia nella creazione letteraria, e a considerare finito quello che allora non sapevo ancora che Hobsbawm avrebbe chiamato ”il secolo breve“. Il mito mi ha chiamato fuori dal Novecento e dal novecentismo. E mi ha spinto per nuovi cammini.
M. B. - Miti celtici, greci, egizi, indiani... Quale o quali hanno significato di più per te?E perché?
G. C. - Sono nato nel mito greco, e non mi sono mai sottratto al fascino del politeismo e delle sue figure, tracce di movimenti cosmici, correnti di energie psichiche ancora viventi in noi, da Zeus a Ermes, da Artemide ad Afrodite. Ma il mito che ha rappresentato una vera scoperta per me è stato quello celtico, cancellato dalla cultura romano-cristiana e poi da quella germanica. Si trattava di vedere tornare alla luce forze sepolte nella nostra mente e nei nostri luoghi, di cui nessuno sapeva più niente.
... E quando cominciai a viaggiare in Oriente, venni affascinato da miti non europei, e capii che il pensiero mitico è circolare, non è come il pensiero etnico che scava e divide e alza muraglie. Il mito mette in movimento e unisce. Esiste una fratellanza cosmica che soltanto il mito, canto dell'universo, può svelarci.
M. B. - Continui ancora a viaggiare "per cercare, per farti domande, per seguire sempre nuovi sentieri degli dei", come scrivi in Terre del Mito? Insomma, possiamo aspettarci altri tuoi libri di viaggio nei miti, o anche semplicemente nell'infinito caleidoscopio del nostro mondo terreno?
G. C. – Continuo a viaggiare. E il mito mi si ripresenta sempre, in forme diverse. Mesi fa ero ad Hollywood , alloggiavo in un albergo sul Sunset Boulevard, a due passi dallo Chateau Marmont, e me ne passeggiavo lì da solo pensando a come in quel piccolo spazio di una metropoli disarticolata come Los Angeles, di uno stato posto al fondo di un piano inclinato come la California, fosse nata e viva ancora la più formidabile macchina creatrice di mito dei nostri giorni. E subito dopo in Provenza, a Manosque, dove viveva Jean Giono, sulle tracce del mito come è visto da questo grandissimo e da noi misconosciuto scrittore. Ho lasciato fuori da Terre del mito una quantità di paesi , tra cui la Colombia, il Venezuela, il Perù, l'Argentina, la Martinica, Cuba, il Québec, l'Algeria, il Sud Africa, avrei potuto scrivere pagine su ognuno di questi ... Potrei scrivere sull'infinitamente vicino, la Riviera di Ponente, Sanremo, Montecarlo,Nizza, sulla terra d'origine di mio padre, la Sicilia (in realtà ho già scritto un lungo racconto su memoria paterna e cucina siciliana). In progetto ho un viaggio a Shangai e uno nella Polinesia francese, forse da inserire in un giro del mondo. Già da un po' ci penso, un giro del mondo in velocità, da un aereo all'altro, fissando le cose più immediate e terribilmente belle o semplicemente terribili, una scommessa con me stesso e i fusi orari (ho maturato una resistenza assoluta al jet-lag e imparato tecniche di sopravvivenza ai voli al di sopra delle 14 ore anche in turistica, anche se l'avanzare dell'età auspica la business), una rilettura di Jules Verne , il maestro di chiunque racconti viaggi e misteri, se non miti, una specie di Giro del mondo in otto ( 8) giorni ...
M. B. - E per quanto concerne poesia e narrativa, qualche piccola anticipazione?
G. C. – Ho scritto viaggiando tra Palma di Majorca e Saint-Jean Cap Ferrat, il poemetto intitolato ”Non finirò di scrivere sul mare“, che diventerà il nocciolo di una nuova raccolta, chissà quando.
Ito Ruscigni è nato a Imperia e vive a Sanremo. Direttore per anni dell’Ufficio Stampa e Cultura del Casinò attualmente cura la rassegna trentennale dei Martedì Letterari.
Il nuovo libro “Stella del Nord si apre con la prefazione di Marco Vannini, che scrive: “l’attenzione dell’Autore va non a una verità proveniente dall’esterno, ma ad una verità che da sempre abita “in interim homine” e che si tratta solo di riscoprire, portare alla luce, togliendo via il superfluo che lo ricopre- così come si deve togliere la terra che ricopre la sorgente perché essa possa zampillare, o come si deve liberare la statua dal marmo che la ricopre, perché essa appaia in tutta la sua bellezza…… Ed è per questa valenza religioso\ mistica che la poesia di Ruscigni a me sembra degna di grande attenzione.”
“ Quando ti ritirerai
È difficile scorgere la tua orma
Nel fango del mondo”
“Bello, molto… Quell’orma che nel fango non si vede è indimenticabile.”
Claudio Magris
Paolo Ruffilli ha curato l’introduzione:” bellissimo libro. Incisivo, profondissimo, coinvolgente. Frutto di una maturità umana ed espressiva fuori dal comune.”
Nella produzione di Ito Ruscigni c’è una costante ricorrente, che è anche la cifra distintiva e inconfondibile della sua scrittura: una felice interferenza continua del pensiero sull’immagine, che si traduce formalmente nell’andamento piano, nel tono discorsivo, dentro una continua illuminazione lirica.”
Argomenta Giorgio Montefoschi sul Corriere della Sera nella pagina “Cultura” il 4 ottobre: “ Ito possiede una profonda cultura. Conosce la religione degli antichi egizi e i filosofi presocratici, i Padri della Chiesa e Plotino, Giovanni della Croce e Cusano, Freud e Jung. E tutti i possibili commenti di questi e degli altri testi con i quali da molti anni nutre la sua ricerca: che non è altro se non la ricerca dell’Assoluto. Le sue poesie attingono in maniera palese a questa linfa: sono poesie che nascono dalla meditazione della Parola; dalle pagine consumate di una immensa biblioteca borgesiana che non finisce mai di completarsi, nella quale Ruscigni consuma la notte e la luce del giorno. Ma la loro bellezza e la loro forza, prescinde dal Sapere. Gli uomini - immagina Ruscigni- continuano a vivere nelle impalcature della torre di Babilonia. E litigano: perché tutti, in diversi modi , in diverse lingue, vorrebbero testimoniare con la ragione di una Verità che nessuno di loro potrà possedere mai. Dio, infatti, addolorato dal tradimento degli uomini si è ritirato dal mondo. E certo, nel fango del mondo, ha lasciato la sua orma. Ma questa orma è soltanto il pallido riflesso di lui stesso, un barlume di luce che nello stesso istante in cui viene colto, subito è svanito. Eppure , questa lotta perdente, inesausta ha qualcosa di meraviglioso. “
Scrive Boncinelli;” Ruscigni è divorato da un’ansia di verità e di autenticità, aspira a “vedere il cielo e le stelle a occhio nudo” in un mondo in cui tutto è invece mediato e il più delle volte culturalmente inquinato. Si muove con cautela, quasi sottovoce, con versi brevi e sospesi, quasi temesse di distruggere l’incanto del canto e dell’incarnazione della parola…”
Giuseppe Conte ha letto al pubblico presente in Teatro brani dal suo poema “ Non finirò di scrivere sul mare”. Ito Ruscigni ha presentato il suo ultimo libro: “Stella del Nord. Nuove Laminette Orfiche.”
Poeta, narratore e saggista, Giuseppe Conte è nato ad Imperia.
Ha studiato all'Università Statale di Milano laureandosi in Lettere nel 1968, con una tesi di estetica. Abbandonato l'insegnamento, è diventato consulente per la poesia dell'Editore Guanda ed ha scritto per giornali come Stampa Sera, Mercurio (supplemento culturale di Repubblica) e Il Giornale.
Non finirò di scrivere sul mare.
Non finirò di cantare
quello che c’è in lui di estatico
quello che c’è in lui di abissale
la sua vastità disumana
senza pesantezza, senza un vero confine
la sua aridità senza sete, senza spine
le sue forme in perenne mutamento……
Intervista di Mario Biondi a Giuseppe Conte
Mario Biondi - Dal libro “Terre del mito” lo si capisce benissimo, ma spieghiamolo a chi non lo ha ancora letto. Sei stato tu a cercare il "mito" o è stato il "mito" a cercare te, per così dire a chiamarti?
Giuseppe Conte – Negli anni Settanta, il mito non godeva di buona reputazione nella cultura europea, al massimo veniva considerato una branca degli studi di antropologia o di antichistica. Ma una letteratura che ritrovasse radici mitiche non la voleva proprio nessuno. Il mito mi ha raggiunto mentre mi trovavo nel punto più estremo della crisi, quando ero arrivato a pensare che poesia e narrazione non fossero più possibili, almeno per me, e che non esistesse altro che un sapere critico e analitico. Il mito mi ha cercato per fare in modo che io riprendessi a interrogarmi sui primi grandi misteriosi insolubili perché della nostra esistenza. Per darmi una chiave di accesso ai primordi del nostro essere ma anche al suo possibile futuro. Ho trovato un colle anticamente sacro ai Druidi sulle Alpi Marittime, a due passi da dove mio padre aveva comperato una casa, e da lì sono arrivato in Irlanda perché il mito celtico, che lì ancora sopravvive, mi chiamava a sé. E ho ripreso ad aver fiducia nella creazione letteraria, e a considerare finito quello che allora non sapevo ancora che Hobsbawm avrebbe chiamato ”il secolo breve“. Il mito mi ha chiamato fuori dal Novecento e dal novecentismo. E mi ha spinto per nuovi cammini.
M. B. - Miti celtici, greci, egizi, indiani... Quale o quali hanno significato di più per te?E perché?
G. C. - Sono nato nel mito greco, e non mi sono mai sottratto al fascino del politeismo e delle sue figure, tracce di movimenti cosmici, correnti di energie psichiche ancora viventi in noi, da Zeus a Ermes, da Artemide ad Afrodite. Ma il mito che ha rappresentato una vera scoperta per me è stato quello celtico, cancellato dalla cultura romano-cristiana e poi da quella germanica. Si trattava di vedere tornare alla luce forze sepolte nella nostra mente e nei nostri luoghi, di cui nessuno sapeva più niente.
... E quando cominciai a viaggiare in Oriente, venni affascinato da miti non europei, e capii che il pensiero mitico è circolare, non è come il pensiero etnico che scava e divide e alza muraglie. Il mito mette in movimento e unisce. Esiste una fratellanza cosmica che soltanto il mito, canto dell'universo, può svelarci.
M. B. - Continui ancora a viaggiare "per cercare, per farti domande, per seguire sempre nuovi sentieri degli dei", come scrivi in Terre del Mito? Insomma, possiamo aspettarci altri tuoi libri di viaggio nei miti, o anche semplicemente nell'infinito caleidoscopio del nostro mondo terreno?
G. C. – Continuo a viaggiare. E il mito mi si ripresenta sempre, in forme diverse. Mesi fa ero ad Hollywood , alloggiavo in un albergo sul Sunset Boulevard, a due passi dallo Chateau Marmont, e me ne passeggiavo lì da solo pensando a come in quel piccolo spazio di una metropoli disarticolata come Los Angeles, di uno stato posto al fondo di un piano inclinato come la California, fosse nata e viva ancora la più formidabile macchina creatrice di mito dei nostri giorni. E subito dopo in Provenza, a Manosque, dove viveva Jean Giono, sulle tracce del mito come è visto da questo grandissimo e da noi misconosciuto scrittore. Ho lasciato fuori da Terre del mito una quantità di paesi , tra cui la Colombia, il Venezuela, il Perù, l'Argentina, la Martinica, Cuba, il Québec, l'Algeria, il Sud Africa, avrei potuto scrivere pagine su ognuno di questi ... Potrei scrivere sull'infinitamente vicino, la Riviera di Ponente, Sanremo, Montecarlo,Nizza, sulla terra d'origine di mio padre, la Sicilia (in realtà ho già scritto un lungo racconto su memoria paterna e cucina siciliana). In progetto ho un viaggio a Shangai e uno nella Polinesia francese, forse da inserire in un giro del mondo. Già da un po' ci penso, un giro del mondo in velocità, da un aereo all'altro, fissando le cose più immediate e terribilmente belle o semplicemente terribili, una scommessa con me stesso e i fusi orari (ho maturato una resistenza assoluta al jet-lag e imparato tecniche di sopravvivenza ai voli al di sopra delle 14 ore anche in turistica, anche se l'avanzare dell'età auspica la business), una rilettura di Jules Verne , il maestro di chiunque racconti viaggi e misteri, se non miti, una specie di Giro del mondo in otto ( 8) giorni ...
M. B. - E per quanto concerne poesia e narrativa, qualche piccola anticipazione?
G. C. – Ho scritto viaggiando tra Palma di Majorca e Saint-Jean Cap Ferrat, il poemetto intitolato ”Non finirò di scrivere sul mare“, che diventerà il nocciolo di una nuova raccolta, chissà quando.
Ito Ruscigni è nato a Imperia e vive a Sanremo. Direttore per anni dell’Ufficio Stampa e Cultura del Casinò attualmente cura la rassegna trentennale dei Martedì Letterari.
Il nuovo libro “Stella del Nord si apre con la prefazione di Marco Vannini, che scrive: “l’attenzione dell’Autore va non a una verità proveniente dall’esterno, ma ad una verità che da sempre abita “in interim homine” e che si tratta solo di riscoprire, portare alla luce, togliendo via il superfluo che lo ricopre- così come si deve togliere la terra che ricopre la sorgente perché essa possa zampillare, o come si deve liberare la statua dal marmo che la ricopre, perché essa appaia in tutta la sua bellezza…… Ed è per questa valenza religioso\ mistica che la poesia di Ruscigni a me sembra degna di grande attenzione.”
“ Quando ti ritirerai
È difficile scorgere la tua orma
Nel fango del mondo”
“Bello, molto… Quell’orma che nel fango non si vede è indimenticabile.”
Claudio Magris
Paolo Ruffilli ha curato l’introduzione:” bellissimo libro. Incisivo, profondissimo, coinvolgente. Frutto di una maturità umana ed espressiva fuori dal comune.”
Nella produzione di Ito Ruscigni c’è una costante ricorrente, che è anche la cifra distintiva e inconfondibile della sua scrittura: una felice interferenza continua del pensiero sull’immagine, che si traduce formalmente nell’andamento piano, nel tono discorsivo, dentro una continua illuminazione lirica.”
Argomenta Giorgio Montefoschi sul Corriere della Sera nella pagina “Cultura” il 4 ottobre: “ Ito possiede una profonda cultura. Conosce la religione degli antichi egizi e i filosofi presocratici, i Padri della Chiesa e Plotino, Giovanni della Croce e Cusano, Freud e Jung. E tutti i possibili commenti di questi e degli altri testi con i quali da molti anni nutre la sua ricerca: che non è altro se non la ricerca dell’Assoluto. Le sue poesie attingono in maniera palese a questa linfa: sono poesie che nascono dalla meditazione della Parola; dalle pagine consumate di una immensa biblioteca borgesiana che non finisce mai di completarsi, nella quale Ruscigni consuma la notte e la luce del giorno. Ma la loro bellezza e la loro forza, prescinde dal Sapere. Gli uomini - immagina Ruscigni- continuano a vivere nelle impalcature della torre di Babilonia. E litigano: perché tutti, in diversi modi , in diverse lingue, vorrebbero testimoniare con la ragione di una Verità che nessuno di loro potrà possedere mai. Dio, infatti, addolorato dal tradimento degli uomini si è ritirato dal mondo. E certo, nel fango del mondo, ha lasciato la sua orma. Ma questa orma è soltanto il pallido riflesso di lui stesso, un barlume di luce che nello stesso istante in cui viene colto, subito è svanito. Eppure , questa lotta perdente, inesausta ha qualcosa di meraviglioso. “
Scrive Boncinelli;” Ruscigni è divorato da un’ansia di verità e di autenticità, aspira a “vedere il cielo e le stelle a occhio nudo” in un mondo in cui tutto è invece mediato e il più delle volte culturalmente inquinato. Si muove con cautela, quasi sottovoce, con versi brevi e sospesi, quasi temesse di distruggere l’incanto del canto e dell’incarnazione della parola…”
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