La Federazione Provinciale del PdCI e il Coordinamento Provinciale della FGCI denunciano la gravissima situazione dei lavoratori precari amministrativi dell'Università degli Studi di Genova, che dopo sei mesi di lotta, di manifestazioni, di incontri con le autorità accademiche e locali sono ancora fermi al palo.
Alcuni di loro hanno già perso il lavoro nel 2008; moltissimi altri lo perderanno in questi giorni di inizio 2009. Al danno personale per centinaia di famiglie, private di un'entrata finanziaria necessaria per la loro sopravvivenza, si aggiunge il danno agli studenti, ai docenti e all'Università in generale, poiché questi lavoratori ne garantivano i servizi fondamentali.
È il caos. Alla riapertura dopo le vacanze natalizie molti dipartimenti vedranno in forse attività primarie come il funzionamento delle biblioteche e gli studenti non potranno più rivolgersi a diversi e importanti uffici di orientamento, essenziali per il loro percorso di studio.
I lavoratori precari hanno fatto il possibile: hanno sensibilizzato i media, l'opinione pubblica e gli enti locali. Questi ultimi, almeno a livello regionale, hanno dato un contributo, portando la questione sul tavolo del Ministro Brunetta a Roma.
Chi è mancato, quindi?
La risposta, sconsolatamente, può essere una sola: l'amministrazione universitaria locale, che ha tergiversato e adesso rischia di affidarsi a cooperative per la gestione dei servizi non più coperti dal personale precario, sborsando il 30% in più rispetto a prima, nel nome di una "esternalizzazione" che ha già fatto troppi danni al lavoro e alle finanze pubbliche.
Si fa appello, quindi, al Senato Accademico, affinché si impegni per quanto è nelle proprie competenze a risolvere il problema dei lavoratori e, di conseguenza, dei servizi suddetti.
Fino ad oggi i precari hanno concretamente garantito il diritto allo studio degli studenti, sostenendo con il proprio lavoro il normale funzionamento dei dipartimenti e degli uffici universitari.
Ancora, sono gli studenti dell'Onda, in mobilitazione, in lotta, a scendere in campo per difendere la dimensione pubblica dell'Università italiana, messa in forte dubbio dalle politiche dell'attuale esecutivo.
È ora che, finalmente, i vertici dell'Ateneo genovese escano dall'ombra e si assumano le proprie responsabilità, evitando di farle ricadere sulle spalle dei lavoratori e di nascondersi dietro un legittimo e civile movimento di protesta, senza contribuire minimamente a sostenerlo.
Alcuni di loro hanno già perso il lavoro nel 2008; moltissimi altri lo perderanno in questi giorni di inizio 2009. Al danno personale per centinaia di famiglie, private di un'entrata finanziaria necessaria per la loro sopravvivenza, si aggiunge il danno agli studenti, ai docenti e all'Università in generale, poiché questi lavoratori ne garantivano i servizi fondamentali.
È il caos. Alla riapertura dopo le vacanze natalizie molti dipartimenti vedranno in forse attività primarie come il funzionamento delle biblioteche e gli studenti non potranno più rivolgersi a diversi e importanti uffici di orientamento, essenziali per il loro percorso di studio.
I lavoratori precari hanno fatto il possibile: hanno sensibilizzato i media, l'opinione pubblica e gli enti locali. Questi ultimi, almeno a livello regionale, hanno dato un contributo, portando la questione sul tavolo del Ministro Brunetta a Roma.
Chi è mancato, quindi?
La risposta, sconsolatamente, può essere una sola: l'amministrazione universitaria locale, che ha tergiversato e adesso rischia di affidarsi a cooperative per la gestione dei servizi non più coperti dal personale precario, sborsando il 30% in più rispetto a prima, nel nome di una "esternalizzazione" che ha già fatto troppi danni al lavoro e alle finanze pubbliche.
Si fa appello, quindi, al Senato Accademico, affinché si impegni per quanto è nelle proprie competenze a risolvere il problema dei lavoratori e, di conseguenza, dei servizi suddetti.
Fino ad oggi i precari hanno concretamente garantito il diritto allo studio degli studenti, sostenendo con il proprio lavoro il normale funzionamento dei dipartimenti e degli uffici universitari.
Ancora, sono gli studenti dell'Onda, in mobilitazione, in lotta, a scendere in campo per difendere la dimensione pubblica dell'Università italiana, messa in forte dubbio dalle politiche dell'attuale esecutivo.
È ora che, finalmente, i vertici dell'Ateneo genovese escano dall'ombra e si assumano le proprie responsabilità, evitando di farle ricadere sulle spalle dei lavoratori e di nascondersi dietro un legittimo e civile movimento di protesta, senza contribuire minimamente a sostenerlo.
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