
Django Reinhardt è stato il principale ambasciatore di questo genere musicale.
Il jazz è americano, ma la musica non ha patria. E il jazz è musica. Noi suoniamo un tipo di jazz che è in stretti rapporti con la cultura europea, ma è sempre jazz. Perché il jazz ha regole espressive da cui non si può derogare". (Django Reinhardt)
Lo spirito di Django Reinhardt è nella musica una presenza costante. Lo swing di impronta manouche è ormai un fenomeno che ha saputo valicare ogni confine, da anni anche quello nostrano. Perché le mitologie sanno viaggiare, valicare le montagne, conquistare i popoli. È così che lo spiritello geniale dello swing europeo ha saputo abitare le credenze (musicali) pedemontane. Lo ritroviamo identico, con frasi nette e melodiche, con il suo swing dritto, diretto, inarrestabile, immediato, con la sua musica muscolare, quasi un antico rito da "body-building" strumentale. Ma ogni popolo ci mette il suo, si appropria dei miti, ribattezza nella storpiatura vernacolare i nomi delle leggende. Così è nato Gian Guregna...
Le frasi di Marco Parodi, raffinato solista, sono sorrette dall’energica quanto leggera ritmica del chitarrista Christophe Romeo Berthomme Kerleau. Swing vitale, creatività vivace e funambolica tecnica si fondono nel segno del jazz e della tradizione zingara manouche.
Il genere proposto è uno swing dalle sonorità quasi "da camera", ricco d’influenze etniche della cultura zingara; il repertorio spazia dalle composizioni di Django Reinhardt a brani originali fino più noti standard del jazz, senza dimenticare le composizioni tradizionali gitane, il valse musette e rielaborazioni di canzoni italiane.
Il duo, nella sua forma più ampia del quartetto Les Swing Manouche, ha al suo attivo l’album “Reverie de Django”, edito nel 2004 per l’etichetta milanese Music Center.
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