martedì, aprile 27, 2010

Al Martedì letterario Alain Elkann ha presentato il libro "Nonna Carla" e illustrato con un documentario il nuovo Museo Egizio di Torino



Oggi pomeriggio nel Teatro dell’Opera del Casinò di Sanremo, gremito per l'occasione, Alain Elkann ha illustrato il nuovo museo egizio di Torino e si è soffermato sul suo ultimo libro “Nonna Carla”. Il giornalista-scrittore è stato introdotto da Lorenzo Mondo con Ito Ruscigni.
"Nonna Carla" è uno dei libri più raccolti e intimi di Alain Elkann. Prende infatti le mosse dall'esperienza dolorosa della morte della madre. È una storia narrata sotto forma di diario, giorno dopo giorno, a partire dalla malattia, indagata con amore e con pudore. Dalle avvisaglie all'incrudelirsi del male, dall'esperienza traumatica e dolorosa del reparto di rianimazione fino ai momenti conclusivi del funerale, accompagnato dalle rituali preghiere ebraiche e improvvisamente interrotto dall'apparire inatteso della cuoca napoletana Rosa, che dice: "Signora Carla, voi sì che siete stata un pezzo da novanta!" Nonna Carla riposerà per sempre a pochi passi dalla tomba del suo amico d'infanzia Primo Levi nel cimitero ebraico di Torino. Parallelamente, viene ricostruito, attraverso frammenti di memoria e piccoli episodi di vita quotidiana, il rapporto dell'autore con sua madre; donna dal carattere forte, ma con molte fragilità, dalla generosità inestinguibile. Nonna Carla era legata ai nipoti, a cui è dedicato il libro, da un rapporto felice, profondo e insostituibile. Sono ricordi che emergono in punta di penna, da una scrittura semplice, precisa, che mette in luce un senso di ribellione e di impotenza da parte di un figlio davanti alla malattia e alla successiva scomparsa della madre. Queste pagine sono una meditazione sul fatto che la morte ci coglie comunque impreparati, lasciando dietro di sé un vuoto che il tempo riuscirà mai a colmare.
“Cara mamma, ci siamo amati per cinquant’anni con una grandissima passione. E’ stata dura, molto sofferta, ma tra noi c’era qualcosa di speciale. Cercherò di non deludere le tue aspettative, che non erano poche lo so. Non sarà facile.”(Alain Elkann).
Accano a questo libro così intenso di sentimenti e di momenti familiari l’incontro culturale si è soffermato sul nuovo Museo Egizio di Torino che si apre ad una nuova rilettura. Proiettato un documentario che ha illustrato le nuove sale e i preziosi reperti.
Dal Corriere della sera "Un grande museo «nazional-popolare», capace di sfruttare appieno le suggestioni di un'epoca storica, l'Antico Egitto, che ha ispirato grandi film e romanzi d'avventura. Senza, con ciò, togliere nulla al rigore scientifico e al pregio di collezioni che fanno dell'Egizio di Torino il secondo dopo il Cairo e che da sempre attirano studiosi di tutto il mondo, americani e tedeschi in prima fila. Il progetto preliminare firmato da Aimaro Oreglia d'Isola, l'architetto torinese che ha sconfitto in una gara internazionale i concorrenti americani e giapponesi grazie anche alla consulenza dello scenografo e due volte premiato con l'Oscar Dante Ferretti, arriverà in aprile. Ma il cantiere che si prepara, e che costerà 50 milioni di euro tutti torinesi (oltre a Comune, Provincia e Regione il denaro arriva da Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT) sa di rivoluzione: nell'antico edificio barocco — che non chiuderà mai al pubblico, chiamato anzi a seguire i lavori «in diretta» — si scaverà sotto il cortile, per interrare tutti i servizi e far filtrare la luce naturale attraverso un soffitto di cristallo iper-tecnologico, poi si salirà verso l'alto per occupare i 6.000 metri lasciati liberi dalla Galleria Sabauda e infine si «sfonderà» l'edificio sul retro, creando un nuovo ingresso su via Roma, l'arteria principale del centro cittadino. «Questo Museo — annuncia Alain Elkann, scrittore e presidente della Fondazione che nel 2004, con un'inedita alleanza tra ministero dei Beni Culturali e enti locali, ha preso le redini dell'Egizio — respirerà diversamente, con un giusto equilibrio tra effetti speciali e conservazione di un patrimonio straordinario che appartiene a tutti. I nostri principali obiettivi, da raggiungere entro fine 2010, sono due: poter mostrare i capolavori fino ad ora nascosti nei magazzini per mancanza di spazio, e accogliere i nostri visitatori secondo gli standard dei grandi poli internazionali, consentendo ai bambini delle scuole di mangiare, agli anziani di riposare, agli stranieri di avere materiale nelle lingue principali, ai disabili di godere appieno della visita». Fino a cinque anni fa, l'Egizio, nonostante l'importanza di tesori che già i Savoia, con Carlo Felice nel 1824, avevano cominciato ad acquistare soggiogati dal fascino dell'esotico, era l'esempio di un glorioso e polveroso museo italiano: didascalie comprensibili solo agli studiosi, poca luce, orari limitati. Elkann e Eleni Vassilika, il direttore di origine greca, hanno portato aria nuova: guide in quattro lingue, allestimenti come lo statuario già affidato a Ferretti (all'inizio animato anche dalla musica, che poi è stata abolita perché disturbava i custodi, ndr), un nuovo logo firmato Pininfarina, un sito, una libreria che ora verrà ampliata e rinnovata, creando anche quella caffetteria che da sempre è una delle più grandi lacune. «Puntiamo a un milione di visitatori all'anno», spiega Elkann, già per altro fiero di un trend che anche dopo le Olimpiadi ne fa registrare oltre 550.000. Nei magazzini sotterranei attendono 24.000 reperti, tra i quali capolavori già prestati a musei di tutto il mondo, dal Louvre al British, dal Metropolitan allo stesso Cairo. Tra questi, i sarcofagi del Medio e Nuovo Regno (dal 2000 avanti Cristo e per i mille anni successivi), che non è stato mai possibile esporre a Torino nel loro splendore. Il 60% dei visitatori è costituito da bambini: «È bello vederli arrivare con i loro quadernetti, ma non possiamo continuare a farli mangiare in cortile o nell'atrio. Già 12.000 di loro frequentano i laboratori didattici, ora avranno anche un posto dove pranzare e fare una pausa». Vita quotidiana e ricerca (l'Egizio ospiterà un ciclo dedicato al grande archeologo francese Jean François Champollion), insomma, si mescolano nel progetto di Isola. Proprio come nell'antico Egitto, dove i morti illustri e i «borghesi» venivano seppelliti con vino e olio, monete e giocattoli, gioielli e animali, perché non mancasse loro nulla nel lungo viaggio verso l'ignoto".

Nessun commento: