Franco Oppini, Corinne Clery, Domenico Pantano, Miriam Mesturino e Antonio Tallura sono gli interpreti di “Il Tartufo (o l’impostore)” di Molière, lo spettacolo che andrà in scena in prima nazionale venerdì 3 agosto, per la regia di Giovanni Anfuso, al 46° Festival Teatrale di Borgio Verezzi (piazza Sant’Agostino, ore 21,30, replica sabato 4 agosto).
Tartufo è un ipocrita e un impostore che si è introdotto in casa di Orgon fingendosi devoto e affezionato. La considerazione di Orgon per lui è tale da promettergli in sposa la figlia Mariane e da nominarlo erede di ogni sua sostanza. Tartufo, amato da Orgon e dalla madre di lui, Madame Pernelle, è invece inviso al resto della famiglia, composta dalla moglie di Orgon, Elmire, dai due figli, Damis e Mariane, e dal cognato Clèante. Gli altri personaggi della commedia sono Dorine, la confidente di Mariane, e Valère, il fidanzato di Mariane.
RELAZIONE ARTISTICA DI GIOVANNI ANFUSO
Chi non ha incontrato cento volte un Tartufo per le scale di casa, nelle riunioni, nelle scuole, in parlamento, in chiesa, in biblioteca? Tartufo è ormai sinonimo di ipocrisia e di falsità; così come lo ha descritto il suo autore: Molière.
Solo lo scrittore che era riuscito a mettere in ridicolo il formalismo di una cultura pretenziosa e barocca, poteva smascherare la nauseante ipocrisia del costume clericale. Ma si trattò di combattere una vera guerra, lunga e difficile dopo che il 12 maggio 1664, in occasione di una delle grandiose feste date da Luigi XIV a Versailles, venne messa in scena per la prima volta quella sagace satira sul tema dell’ipocrisia.
Lo sdegno e la sollevazione negli ambienti tipici del cicisbeismo non tardarono a farsi sentire e la commedia venne interdetta. Scriveva allora Molière: “Gli ipocriti non hanno voluto saperne di scherzi; si sono subito inalberati e hanno trovato ben strano che io avessi l’ardire di imitare le loro smorfie e di volere screditare una professione esercitata da tanti galantuomini…”.
Costoro erano molto più potenti dei “marchesini”, delle “preziose”, dei cornuti e dei medicaciucci, i quali avevano sopportato di buona grazia d’essere messi in commedia, anzi finirono per divertirsi alla loro stessa caricatura. Ma gli ipocriti non ammettevano certi scherzi. Rimasero indignati e sorpresi da tanto ardimento. E i tanti “galantuomini” con in testa la Regina madre e l’Arcivescovo di Parigi, formarono una imponente coalizione contro Molière. La guerra andò oltre la sua morte, quando ci volle l’intervento del Re per farlo seppellire in terra consacrata.
Dopo il solenne divieto, Molière, non si diede per vinto. Morta la madre del Re nel ’66, tentò di rappresentare l’opera col titolo L’Impostore (5 Agosto ’67). Il protagonista vi appariva con un altro nome e non più con abito ecclesiastico, ma come uomo di mondo con la gorgiera e la spada. Ma i Tartufi della vita insorsero e “gli originali fecero sopprimere la copia”. L’Arcivescovo giunse perfino a comminare l’interdizione agli attori, agli spettatori e ai lettori dell’opera.
Questo settario gesto di autorità dovette indispettire il Re, impegnato nella sua prima campagna di conquista, e renderlo più sensibile a Molière che, tra un inchino e l’altro, minacciava Sua Maestà “di non scrivere più commedie, visto che i Tartufi l’avevano avuta vinta”. Il Re, tornato a Parigi con gli allori del suo primo trionfo militare, volle dare un segno di magnanima onnipotenza, concedendo il permesso di rappresentazione (5 Febbraio ’69).
L’opera ebbe decine di repliche: un successo senza precedenti. E Molière si disobbligava sciogliendo nell’ultimo atto un inno al Re Sole, arbitro sommo e moderato regolatore di tutti gli eventi, anche quelli della famiglia di Orgone, vittima delle furfanterie del Tartufo.
Molta acqua è passata sotto i ponti da allora, ed è ovvio che la commedia di Molière oggi si trascrive da sé in un'altra chiave. Ogni volta che gli ipocriti parlano di Cielo e sublimano in un principio di autorità e infallibilità tutto ciò che deve rimanere nell’ambito umano, sotto il controllo della critica e della ragione, questa commedia si carica di nuovo del più profondo significato. Per smascherare i Tartufi e liberare i loro succubi dovunque l’incontriamo, la nostra coscienza democratica non può aspettare che un principe illuminato venga a recidere i nodi fraudolenti o fugare le tenebre dell’impostura. Da quando il principio della sovranità popolare ha sostituito la monarchia di diritto divino, la discrezione, la capacità di vedere giusto, di non lasciarsi sorprendere in buona fede, la razionale fermezza nel rifiutare ogni estremismo non sono più appannaggio dei monarchi.
Al mito del Re Sole si va sostituendo la realtà di una luce equamente diffusa in tutte le coscienze degli uomini liberi. I quali per definizione sono coloro che non si lasciano tartufare.
A vestire i panni di Orgon sarà Franco Oppini, mentre Corinne Clery sarà Elmire, sua moglie, Domenico Pantano il Tartufo, Miriam Mesturino Dorine e Antonio Tallura Clèante. Gli altri ruoli sono affidati a Paola Giannetti (Madame Pernelle), Massimo Avella (Damis), Giorgia Guerra (Mariane), Davide Paciolla (Valère) e Gianluca delle Fontane (Loyale, sergente - Flipote, serva di Madame Pernelle - Lourent, attendente di Tartufo - Merluche, servo di casa).
Le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi di Cabiria D’Agostino, le musiche originali di Luciano Francisci e Stefano Conti, le coreografie di Barbara Cacciato.
Dopo Borgio Verezzi lo spettacolo sarà replicato al Festival gemellato di Palinuro.
Tartufo è un ipocrita e un impostore che si è introdotto in casa di Orgon fingendosi devoto e affezionato. La considerazione di Orgon per lui è tale da promettergli in sposa la figlia Mariane e da nominarlo erede di ogni sua sostanza. Tartufo, amato da Orgon e dalla madre di lui, Madame Pernelle, è invece inviso al resto della famiglia, composta dalla moglie di Orgon, Elmire, dai due figli, Damis e Mariane, e dal cognato Clèante. Gli altri personaggi della commedia sono Dorine, la confidente di Mariane, e Valère, il fidanzato di Mariane.
RELAZIONE ARTISTICA DI GIOVANNI ANFUSO
Chi non ha incontrato cento volte un Tartufo per le scale di casa, nelle riunioni, nelle scuole, in parlamento, in chiesa, in biblioteca? Tartufo è ormai sinonimo di ipocrisia e di falsità; così come lo ha descritto il suo autore: Molière.
Solo lo scrittore che era riuscito a mettere in ridicolo il formalismo di una cultura pretenziosa e barocca, poteva smascherare la nauseante ipocrisia del costume clericale. Ma si trattò di combattere una vera guerra, lunga e difficile dopo che il 12 maggio 1664, in occasione di una delle grandiose feste date da Luigi XIV a Versailles, venne messa in scena per la prima volta quella sagace satira sul tema dell’ipocrisia.
Lo sdegno e la sollevazione negli ambienti tipici del cicisbeismo non tardarono a farsi sentire e la commedia venne interdetta. Scriveva allora Molière: “Gli ipocriti non hanno voluto saperne di scherzi; si sono subito inalberati e hanno trovato ben strano che io avessi l’ardire di imitare le loro smorfie e di volere screditare una professione esercitata da tanti galantuomini…”.
Costoro erano molto più potenti dei “marchesini”, delle “preziose”, dei cornuti e dei medicaciucci, i quali avevano sopportato di buona grazia d’essere messi in commedia, anzi finirono per divertirsi alla loro stessa caricatura. Ma gli ipocriti non ammettevano certi scherzi. Rimasero indignati e sorpresi da tanto ardimento. E i tanti “galantuomini” con in testa la Regina madre e l’Arcivescovo di Parigi, formarono una imponente coalizione contro Molière. La guerra andò oltre la sua morte, quando ci volle l’intervento del Re per farlo seppellire in terra consacrata.
Dopo il solenne divieto, Molière, non si diede per vinto. Morta la madre del Re nel ’66, tentò di rappresentare l’opera col titolo L’Impostore (5 Agosto ’67). Il protagonista vi appariva con un altro nome e non più con abito ecclesiastico, ma come uomo di mondo con la gorgiera e la spada. Ma i Tartufi della vita insorsero e “gli originali fecero sopprimere la copia”. L’Arcivescovo giunse perfino a comminare l’interdizione agli attori, agli spettatori e ai lettori dell’opera.
Questo settario gesto di autorità dovette indispettire il Re, impegnato nella sua prima campagna di conquista, e renderlo più sensibile a Molière che, tra un inchino e l’altro, minacciava Sua Maestà “di non scrivere più commedie, visto che i Tartufi l’avevano avuta vinta”. Il Re, tornato a Parigi con gli allori del suo primo trionfo militare, volle dare un segno di magnanima onnipotenza, concedendo il permesso di rappresentazione (5 Febbraio ’69).
L’opera ebbe decine di repliche: un successo senza precedenti. E Molière si disobbligava sciogliendo nell’ultimo atto un inno al Re Sole, arbitro sommo e moderato regolatore di tutti gli eventi, anche quelli della famiglia di Orgone, vittima delle furfanterie del Tartufo.
Molta acqua è passata sotto i ponti da allora, ed è ovvio che la commedia di Molière oggi si trascrive da sé in un'altra chiave. Ogni volta che gli ipocriti parlano di Cielo e sublimano in un principio di autorità e infallibilità tutto ciò che deve rimanere nell’ambito umano, sotto il controllo della critica e della ragione, questa commedia si carica di nuovo del più profondo significato. Per smascherare i Tartufi e liberare i loro succubi dovunque l’incontriamo, la nostra coscienza democratica non può aspettare che un principe illuminato venga a recidere i nodi fraudolenti o fugare le tenebre dell’impostura. Da quando il principio della sovranità popolare ha sostituito la monarchia di diritto divino, la discrezione, la capacità di vedere giusto, di non lasciarsi sorprendere in buona fede, la razionale fermezza nel rifiutare ogni estremismo non sono più appannaggio dei monarchi.
Al mito del Re Sole si va sostituendo la realtà di una luce equamente diffusa in tutte le coscienze degli uomini liberi. I quali per definizione sono coloro che non si lasciano tartufare.
A vestire i panni di Orgon sarà Franco Oppini, mentre Corinne Clery sarà Elmire, sua moglie, Domenico Pantano il Tartufo, Miriam Mesturino Dorine e Antonio Tallura Clèante. Gli altri ruoli sono affidati a Paola Giannetti (Madame Pernelle), Massimo Avella (Damis), Giorgia Guerra (Mariane), Davide Paciolla (Valère) e Gianluca delle Fontane (Loyale, sergente - Flipote, serva di Madame Pernelle - Lourent, attendente di Tartufo - Merluche, servo di casa).
Le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi di Cabiria D’Agostino, le musiche originali di Luciano Francisci e Stefano Conti, le coreografie di Barbara Cacciato.
Dopo Borgio Verezzi lo spettacolo sarà replicato al Festival gemellato di Palinuro.
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