martedì, maggio 24, 2011

La presentazione del libro di Marco Ercolani "A SCHERMO NERO"

Giovedì 26 maggio alle ore 18 la libreria BooksIN di Vico del fieno 40r organizza presso la sala delle presentazioni di Via Chiossone 4 la presentazione di "A SCHERMO NERO" di Marco Ercolani (QuiEdit, 2010). Oltre all'autore saranno presenti Claudio Bertieri, critico cinematografico e teatrale, Renato Venturelli, saggista e critico.
L’universo del cinema, l’arte più giovane dello scorso millennio, è un universo ipnotico che
stimola l’immaginazione a creare, ricreare, montare e smontare nuovi e antichi sogni.
Intorno alle diverse anime del cinema questo libro intreccia un caleidoscopio di poetiche,
appunti, lettere, interviste, confessioni, che registi, attori, produttori, direttori della fotografia, dagli anni del muto fino ai nostri giorni, potrebbero avere scritto o pensato.
A schermo nero, come suggerisce il titolo, viene dall’oscurità di una visione interiore che
riflette le sue tenebre per illuminarle. L’augurio è che il cinema contemporaneo (e la letteratura, e l’arte in generale), non dimentichi il misterioso silenzio, la zona d’ombra iniziale da cui ha preso origine, e da lì ricavi la linfa di un futuro sempre e ancora da inventare.



Due domande a Marco Ercolani

Che significato ha per te un libro come A schermo nero?




Da tempo volevo scrivere un libro sul cinema e dedicarlo a Giovanna G., mia madre (1921-2009). L’occasione mi è stata offerta generosamente da Enrico De Vivo per la sua bella collana Questo è quel mondo, pubblicata da QuiEdit Edizioni. Partirò proprio dalla frase di Leopardi “Questo è quel mondo” perché, in qualche modo, la sento pronunciata dalla voce di mia madre. Per lei questo mondo, in cui ci tocca vivere, non era altro che quel mondo in cui possiamo invece solo sognare: il cinema. Attraverso di lei ho imparato ad amare il cinema in modo esclusivo e ossessivo, a percepirlo come luogo elettivo del fantasma e del sogno. I film che ho visto nell’infanzia e nell’adolescenza – dai classici del muto al noir americano, dal melò al musical, dal western alla commedia classica - sono stati per me il segno evidente del magico potere dell’illusione contro la deludente realtà."

Dunque tutti i tuoi racconti sono “dedicati” al cinema?

"La parola “dedica” è forse un vocabolo riduttivo. In A schermo nero io continuo il lavoro che ho sempre sviluppato nei miei libri precedenti: identificarmi con destini di poeti, pittori, musicisti, o anche individui folli (di professione sono psichiatra) e raccontare “dall’interno” le loro storie segrete, a volte bizzarre e malinconiche, altre volte ironiche e grottesche, in forma di interviste, lettere, diari, etc. Il cinema, con il suo repertorio di miti e di leggende, è in questo senso una miniera inesauribile. Le storie che racconto, attraverso voci diverse, sono storie impossibili, perché collocate in un passato dove non sono accadute, ma verosimili, perché avrebbero potuto accadere. Io definirei il contesto di queste storie, come di altre che ho scritto in libri precedenti, un passato ipotetico. Ogni mio racconto è l’ostinata ricerca di un enigma da affrontare, di un dolore da riparare, di un segreto da svelare. Come scrive Orson Welles: «Il pericolo maggiore per un artista è trovarsi in una posizione comoda: è suo dovere mettersi nel punto massimo di scomodità, cercare questo punto».

Nessun commento: