Non se ne può più. La ripresa del balletto “Giselle”, versione moderna di Mats Ek al Teatro San Carlo di Napoli, ha visto il pubblico mediatico e il suo seguito giornalistico, ma non la critica, all’individuazione della nudità, nella scena finale, di Roberto Bolle come unico elemento di attenzione e di interesse. Circa trent’anni fa, quando la stessa versione si diede al Teatro Olimpico di Roma (“La Repubblica” – 3 dicembre 1983) non accennai a quel momento, del resto trascurabile, ma poi non proprio per altre ragioni, e naturalmente ad interpretarlo non era Roberto Bolle. Orbene, Bolle è artista di tale dignità, di tale superiorità morale e intellettuale che con la sua azione, molto “prude” e riservata, ci spiega il significato di quell’atto (lo si spiega in un altro articolo: “Albert riconquista l’inerme nudità della sua anima oltre la corruzione e la colpa”). Atto simbolico, dunque, come sempre e molto nell’arte del balletto. Ma oggi ogni pretesto pseudo-scandalistico è posto tristemente in primo piano al punto di trascurare e di soffocare qualsiasi anelito artistico.
Grato per l’ospitalità. Alberto Testa
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