Duplice appuntamento per la chiusura della stagione primaverile dei Martedì Letterari.
Nel teatro dell’Opera alle ore 16.30 Piero Ottone e Sergio Romano hanno presentato le loro ultime fatiche letterarie introdotti da Aldo Mola e da Ito Ruscigni.
Piero Ottone ha parlato del suo libro “Cavour, biografia di un politico spregiudicato” mentre Sergio Romano illustrerà il volume:” L’Italia disunita.”
Su Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861), sulle sue gesta, dalla guerra di Crimea al convegno di Plombières, dall'alleanza con Napoleone III ai rapporti con Garibaldi, sono state scritte migliaia di pagine. Quello che ci restituisce Piero Ottone in queste pagine è invece soprattutto l'uomo Cavour, al di là dello statista, con le sue luci e le sue ombre. Non era un tipo facile. Uno psicologo lo avrebbe definito probabilmente un bipolare, un ciclotimico, con qualche tratto narcisistico. Sapeva essere espansivo, cordiale, affascinante, ma anche sgradevole e prepotente. Nei momenti euforici credeva di essere destinato a imprese mirabili. Poi, veniva la depressione, e più di una volta scrisse che pensava al suicidio. Su questo doppio registro caratteriale di Cavour, Ottone costruisce la sua biografia, ricca di retroscena e curiosità ignote al grande pubblico. Dall'infanzia nell'avito palazzo torinese all'abbandono della carriera militare, daIle ambizioni politiche alle numerose avventure con le donne, Ottone tratteggia un ritratto originale e completo di uno dei grandi protagonisti del nostro Risorgimento, con eleganza, leggerezza e profondità psicologica straordinarie.
Pier Leone Mignanego detto Piero Ottone (Genova, 1924) è stato corrispondente del Corriere della Sera da Mosca negli anni '50, e poi redattore del medesimo giornale fino al 1968. Ha diretto Il Secolo XIX dal 1968 al 1972 e il Corriere della Sera dal 1972 al 1977. Durante la sua direzione del Corsera, Ottone impresse una innovativa svolta al giornale. Oggi scrive editoriali per la Repubblica.
L’Italia disunita”
(Presentazione)
Buon compleanno, Italia. Centocinquanta di questi anni, verrebbe da dire. Ma qualcosa non torna. I tempi sono quelli che sono, di crisi non soltanto economica ma culturale, di prospettiva. Il passato è un parente alquanto lontano, e il futuro un’equazione a più incognite. Viviamo alla giornata in un permanente equilibrio precario, privo di orizzonti stabili. A dirla tutta, l’impressione è che non si sa bene che cosa celebrare. Un secolo e mezzo dopo, siamo sempre in bilico tra identità nazionale e radici locali, teoria degli insiemi e campanili. Con tutto ciò che ne consegue. Sergio Romano, Marc Lazar e Michele Canonica ne sono consapevoli, naturalmente, e il loro confronto non esclude il disaccordo, anzi se ne alimenta. Un viaggio che tocca tutte le stazioni nello spazio e nel tempo, e che soprattutto esplora la realtà quotidiana, dello Stato e dei cittadini, in ogni aspetto: sanità, pensioni, giustizia, pubblica amministrazione, trasporti, infrastrutture, forze armate, scuola, cultura, informazione, turismo, spettacolo, sport, gastronomia, moda, design, piccole e medie imprese. Ne risulta, tra domande, risposte e ipotesi, un quadro completo e fedele (anzi, una radiografia) del Bel Paese e del rapporto che gli italiani hanno con la loro memoria storica, più o meno condivisa.
"L’Unità d’Italia non ha mai fatto il pieno dei consensi. Dal 1861 in poi, vi sono sempre stati, in agguato, i nostalgici del passato, quelli che proclamavano la loro estraneità al processo unitario o addirittura si dichiaravano traditi dall’unità nazionale. In particolare, vi sono ancora settori del mondo cattolico che vivono la presa di Roma nel 1870 come un’intollerabile sopraffazione ai danni del papato.
Sarebbe dunque assurdo e falso credere nell’esistenza di un’età dell’oro risorgimentale, in cui l’unità nazionale sarebbe stata oggetto di un sentimento unanimemente condiviso. E tuttavia innegabile che il cinquantenario e il centenario furono celebrati nel quadro di una pedagogia nazionale che imponeva una certa ortodossia risorgimentale, contro la quale il dissenso esisteva ma era taciuto o appena bisbigliato."
Sergio Romano
Nato a Vicenza, cresce tra Milano e Genova in una famiglia della borghesia imprenditoriale. Terminato il liceo classico "Beccaria" di Milano, intraprende l'attività di giornalista praticante; si laurea in giurisprudenza all'Università statale di Milano.
Viaggia nelle capitali europee (Parigi, Londra, Vienna) da poco uscite dalla guerra. La frequentazione prolungata dell'Europa lo indirizza verso la carriera diplomatica.
Conclude nel 1989 la sua carriera diplomatica, dopo essere stato direttore generale delle relazioni culturali, ambasciatore alla NATO e successivamente a Mosca, nell'allora Unione Sovietica. Di questa sua esperienza è possibile farsi un'idea attraverso le Memorie di un conservatore (2002), ritratto conciso della classe burocratica e diplomatica italiana (e non solo) nell'epoca della guerra fredda.
Divenuto commentatore per alcune testate italiane (la Stampa, il Corriere della Sera, Limes, Il Mulino), curatore di una collana storica per la casa editrice Corbaccio, ha altresì insegnato all'Università della California, ad Harvard, all'Università di Pavia, all'Università di Sassari e all'Università Bocconi di Milano. È inoltre presidente del Comitato generale premi della Fondazione Balzan.
Nel teatro dell’Opera alle ore 16.30 Piero Ottone e Sergio Romano hanno presentato le loro ultime fatiche letterarie introdotti da Aldo Mola e da Ito Ruscigni.
Piero Ottone ha parlato del suo libro “Cavour, biografia di un politico spregiudicato” mentre Sergio Romano illustrerà il volume:” L’Italia disunita.”
Su Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861), sulle sue gesta, dalla guerra di Crimea al convegno di Plombières, dall'alleanza con Napoleone III ai rapporti con Garibaldi, sono state scritte migliaia di pagine. Quello che ci restituisce Piero Ottone in queste pagine è invece soprattutto l'uomo Cavour, al di là dello statista, con le sue luci e le sue ombre. Non era un tipo facile. Uno psicologo lo avrebbe definito probabilmente un bipolare, un ciclotimico, con qualche tratto narcisistico. Sapeva essere espansivo, cordiale, affascinante, ma anche sgradevole e prepotente. Nei momenti euforici credeva di essere destinato a imprese mirabili. Poi, veniva la depressione, e più di una volta scrisse che pensava al suicidio. Su questo doppio registro caratteriale di Cavour, Ottone costruisce la sua biografia, ricca di retroscena e curiosità ignote al grande pubblico. Dall'infanzia nell'avito palazzo torinese all'abbandono della carriera militare, daIle ambizioni politiche alle numerose avventure con le donne, Ottone tratteggia un ritratto originale e completo di uno dei grandi protagonisti del nostro Risorgimento, con eleganza, leggerezza e profondità psicologica straordinarie.
Pier Leone Mignanego detto Piero Ottone (Genova, 1924) è stato corrispondente del Corriere della Sera da Mosca negli anni '50, e poi redattore del medesimo giornale fino al 1968. Ha diretto Il Secolo XIX dal 1968 al 1972 e il Corriere della Sera dal 1972 al 1977. Durante la sua direzione del Corsera, Ottone impresse una innovativa svolta al giornale. Oggi scrive editoriali per la Repubblica.
L’Italia disunita”
(Presentazione)
Buon compleanno, Italia. Centocinquanta di questi anni, verrebbe da dire. Ma qualcosa non torna. I tempi sono quelli che sono, di crisi non soltanto economica ma culturale, di prospettiva. Il passato è un parente alquanto lontano, e il futuro un’equazione a più incognite. Viviamo alla giornata in un permanente equilibrio precario, privo di orizzonti stabili. A dirla tutta, l’impressione è che non si sa bene che cosa celebrare. Un secolo e mezzo dopo, siamo sempre in bilico tra identità nazionale e radici locali, teoria degli insiemi e campanili. Con tutto ciò che ne consegue. Sergio Romano, Marc Lazar e Michele Canonica ne sono consapevoli, naturalmente, e il loro confronto non esclude il disaccordo, anzi se ne alimenta. Un viaggio che tocca tutte le stazioni nello spazio e nel tempo, e che soprattutto esplora la realtà quotidiana, dello Stato e dei cittadini, in ogni aspetto: sanità, pensioni, giustizia, pubblica amministrazione, trasporti, infrastrutture, forze armate, scuola, cultura, informazione, turismo, spettacolo, sport, gastronomia, moda, design, piccole e medie imprese. Ne risulta, tra domande, risposte e ipotesi, un quadro completo e fedele (anzi, una radiografia) del Bel Paese e del rapporto che gli italiani hanno con la loro memoria storica, più o meno condivisa.
"L’Unità d’Italia non ha mai fatto il pieno dei consensi. Dal 1861 in poi, vi sono sempre stati, in agguato, i nostalgici del passato, quelli che proclamavano la loro estraneità al processo unitario o addirittura si dichiaravano traditi dall’unità nazionale. In particolare, vi sono ancora settori del mondo cattolico che vivono la presa di Roma nel 1870 come un’intollerabile sopraffazione ai danni del papato.
Sarebbe dunque assurdo e falso credere nell’esistenza di un’età dell’oro risorgimentale, in cui l’unità nazionale sarebbe stata oggetto di un sentimento unanimemente condiviso. E tuttavia innegabile che il cinquantenario e il centenario furono celebrati nel quadro di una pedagogia nazionale che imponeva una certa ortodossia risorgimentale, contro la quale il dissenso esisteva ma era taciuto o appena bisbigliato."
Sergio Romano
Nato a Vicenza, cresce tra Milano e Genova in una famiglia della borghesia imprenditoriale. Terminato il liceo classico "Beccaria" di Milano, intraprende l'attività di giornalista praticante; si laurea in giurisprudenza all'Università statale di Milano.
Viaggia nelle capitali europee (Parigi, Londra, Vienna) da poco uscite dalla guerra. La frequentazione prolungata dell'Europa lo indirizza verso la carriera diplomatica.
Conclude nel 1989 la sua carriera diplomatica, dopo essere stato direttore generale delle relazioni culturali, ambasciatore alla NATO e successivamente a Mosca, nell'allora Unione Sovietica. Di questa sua esperienza è possibile farsi un'idea attraverso le Memorie di un conservatore (2002), ritratto conciso della classe burocratica e diplomatica italiana (e non solo) nell'epoca della guerra fredda.
Divenuto commentatore per alcune testate italiane (la Stampa, il Corriere della Sera, Limes, Il Mulino), curatore di una collana storica per la casa editrice Corbaccio, ha altresì insegnato all'Università della California, ad Harvard, all'Università di Pavia, all'Università di Sassari e all'Università Bocconi di Milano. È inoltre presidente del Comitato generale premi della Fondazione Balzan.
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