La mostra sull'artista Antonio Rubino, presso il Museo Civico a Palazzo Borea d'Olmo, a Sanremo, resta aperta anche la domenica dalle ore 15.00 alle ore 19.00.
Può costituire un'occasione per visitarla nelle imminenti festività natalizie.
Giornalista per ragazzi, tavolista, autore di libretti e di commedie, decoratore di ambienti, scenografo, attore polemista, regista di disegni animati e persino, nei ritagli di tempo, raccoglitore di olive: così Antonio Rubino descrive la propria attività nel suo Curriculum ridiculum (1958).
Nato a Sanremo il 15 maggio 1880, si laurea in giurisprudenza nel 1903 ma fin dagli anni di studio manifesta una spiccata vocazione letteraria e artistica, come ancora racconta il suo curriculum: Se io sono poeta e pittore non ne ho alcuna colpa e non né ho merito alcuno: sono nato così, non so neanch’io perché. Non ho fatto altro, durante i miei 77 anni di vita, che seguire la mia sorte. Il mio motto è stato sempre questo “Sequor natura meam”. La mia carriera giuridica diventò una carriera letteraria e si confuse con la mia carriera artistica in modo perfettamente logico, senza soluzione di continuità. Seguivo, evidentemente, la mia natura, senza opporre alcuna resistenza.
Non a caso Sequor natura meam è il motto del suo personale ex-libris.
Già nel 1905 Giuseppe Bevione ne riconosce il potente estro creativo su “La Lettura”, in un articolo intitolato Un artista fantastico, illustrato con le sue singolari, fantastiche immagini. A partire da quello stesso 1905, Rubino inizia a lavorare - con scritti, illustrazioni, immagini di copertina - alla rivista domenicale dell’“Avanti” e a “L’auto d’Italia”; nel 1906 a “L’Arte decorativa moderna”, “Il Secolo XX”, “Il Risorgimento grafico” e “La Lettura”. Nel 1907 lavora con Vamba al fiorentino "Giornalino della Domenica" e l’anno seguente è tra i primi collaboratori del "Corriere dei piccoli", per il quale disegna la testata, divenendone autore di punta e pubblicandovi numerose illustrazioni, rubriche e una serie di personaggi che lo rendono il più noto creatore di tavole per l’infanzia: Quadratino, Pierino, Pino e Pina, Chicca e Cialda, Italino, Caro e Cora, Polidoro Piripicchi, Lalla e Lolla, Grufoletto, il caprone Barbacucco e tanti altri.
In questi anni si dedica anche alla creazione di accattivanti manifesti pubblicitari per molte ditte commerciali e pubblica diversi volumi arricchiti da originali illustrazioni, fra i quali: Coretta e Core (1909), Versi e disegni (1911), I balocchi di Titina (1912), Viperetta (1919), Tic e Tac (1919), Lillo e Lalla (1920), Fata Acquolina (1920), La scuola dei giocattoli (1922), Fil di sole (1924), Teatro minimo (1925).
Nel 1918-19 è fra i redattori de "La tradotta", giornale destinato ai soldati al fronte. Nel 1927 dirige il "Balilla", periodico fascista dal quale presto si allontana per problemi di censura. Nel 1929 fonda e dirige "Mondo Bambino", rivista dei grandi magazzini milanesi “La Rinascente”. Nel 1931 torna al “Corrierino” e dopo due anni fonda un’altra testata per ragazzi, “Mondo fanciullo”. Passa poi alla Mondadori, per cui dirige "Topolino", "Paperino", “I tre porcellini” tra il 1935 e il 1940. In questo stesso anno tenta una nuova promettente avventura: il film d’animazione. Nasce Nel paese dei ranocchi, cortometraggio a colori premiato alla mostra del cinema di Venezia nel 1942.
Un altro disegno animato, Crescendo rossiniano (1943), non vedrà la luce a causa della guerra. Negli anni successivi al conflitto riprende a collaborare a diverse testate - “Bambola”, “Gazzetta dei Piccoli”, “Modellina” - e fonda e dirige a Sanremo un settimanale indipendente di satira e informazione “Il Gazzettino della Riviera dei Fiori” (1949) poi diventato “Il Gazzettone” e “La Gazzetta di Sanremo”. Nel 1955 realizza il suo terzo disegno animato: I sette colori.
Morirà nel sonno, negli amati boschi di Bajardo il 1° luglio 1964.
Dopo le mostre organizzate in questo stesso museo nel 1995 (L’amico delle nuvole) e nel 2005 (Antonio Rubino narratore per i ragazzi), a cura di Claudio Bertieri, il Comune di Sanremo gli dedica oggi una esposizione permanente allestita in collaborazione con l’Università degli Studi di Genova e la nipote dell’artista, Antonietta Rubino Cutini.
SALA RAGAZZI
«Tutti insistono nel dire che sono un pittore, un disegnatore, mentre, in coscienza, devo riconoscere che non sono né l’uno né l’altro: in realtà io non sono che un semplice scrittore. E mi spiego. Invece di raccontare ciò che vedo, che sento e che penso, ricorrendo come tutti al solito mezzo della scrittura ... io faccio come gli antichi egizi ... Quelli che voi chiamate disegni, non sono altro che ideogrammi, ossia geroglifici molto perfezionati secondo il mio stile e con più il colore ... Questa mia scrittura insomma, l’ho inventata apposta per far leggere le mie cose agli analfabeti, e dicendo analfabeti intendo soprattutto alludere alle creature più semplici pure, ai bambini insomma, ancora non vanno a scuola e che perciò non sanno ancora leggere. A. Rubino
SALA DIPINTI
Pittore piuttosto tradizionale quando si tratta di fermare sulla tela gli amati paesaggi naturali (Manegra, Il sentiero, Ultime nevi) Rubino mostra, al contrario, una non comune vena fantastica e una sorprendente originalità quando dà vita al suo bizzarro e inconfondibile immaginario. La maggior parte dei dipinti di Rubino rappresenta, nelle forme più diverse, quasi sempre antropomorfe, concetti astratti o personificazioni di questi: la Superstizione, il Rimpianto, il Distratto, il Buono, Il Cattivo, l’Amante della luna, le Voci del mare, la Moda e altri ancora. Rubino li definisce ideogrammi, ossia geroglifici molto perfezionati secondo il mio stile e con più il colore. Il desiderio di rendere con efficacia comunicativa questi concetti, spinge Rubino a tradurli in “disegni colorati” (come già definivano le sue opere i critici a lui contemporanei): piatte stesure cromatiche riempiono, rispettandola con precisione, una trama disegnativa ben definita; la tempera, che meglio permette di raggiungere gli esiti ora descritti, è la tecnica prevalentemente usata dall’artista.
In questa sala spiccano due dipinti di grande formato legati alla storia di Sanremo: la Faunetta e La Moda (Haute couture). Il primo, dalle raffinate forme déco, era parte dell’arredo dello stabilimento balneare Morgana, il cui nome fu suggerito proprio da Rubino, inaugurato nel 1922 (ricostruito nel 1936 e ancora oggi esistente); il secondo fu eseguito nel 1947 per la rinnovata attività di una elegante sartoria cittadina, Joséphine e Mina.
Accanto ai dipinti sono raccolte alcune altre testimonianze della multiforme attività di Rubino. I manifesti pubblicitari, il bozzetto per una scenografia e due disegni per tessuti raffiguranti uno il Fondo marino (1953), l’altro i simpatici protagonisti delle sue inconfondibili tavole per ragazzi.
Singolare e personalissimo, il fantastico universo di Rubino incuriosì i critici fin dagli inizi del secolo; nel 1913 Giuseppe Fanciulli notava: E’ evidente che di ogni oggetto e di ogni persona Rubino, col suo disegno, ci dà una schematica cifra; ma questa cifra non è ritrovata nell’intima natura delle cose, e nemmeno si può dire sia una personale concezione delle medesime; gli oggetti invece hanno dovuto trasformarsi per arrivare alla cifra grafica che era nella mente dell’autore.
Può costituire un'occasione per visitarla nelle imminenti festività natalizie.
Giornalista per ragazzi, tavolista, autore di libretti e di commedie, decoratore di ambienti, scenografo, attore polemista, regista di disegni animati e persino, nei ritagli di tempo, raccoglitore di olive: così Antonio Rubino descrive la propria attività nel suo Curriculum ridiculum (1958).
Nato a Sanremo il 15 maggio 1880, si laurea in giurisprudenza nel 1903 ma fin dagli anni di studio manifesta una spiccata vocazione letteraria e artistica, come ancora racconta il suo curriculum: Se io sono poeta e pittore non ne ho alcuna colpa e non né ho merito alcuno: sono nato così, non so neanch’io perché. Non ho fatto altro, durante i miei 77 anni di vita, che seguire la mia sorte. Il mio motto è stato sempre questo “Sequor natura meam”. La mia carriera giuridica diventò una carriera letteraria e si confuse con la mia carriera artistica in modo perfettamente logico, senza soluzione di continuità. Seguivo, evidentemente, la mia natura, senza opporre alcuna resistenza.
Non a caso Sequor natura meam è il motto del suo personale ex-libris.
Già nel 1905 Giuseppe Bevione ne riconosce il potente estro creativo su “La Lettura”, in un articolo intitolato Un artista fantastico, illustrato con le sue singolari, fantastiche immagini. A partire da quello stesso 1905, Rubino inizia a lavorare - con scritti, illustrazioni, immagini di copertina - alla rivista domenicale dell’“Avanti” e a “L’auto d’Italia”; nel 1906 a “L’Arte decorativa moderna”, “Il Secolo XX”, “Il Risorgimento grafico” e “La Lettura”. Nel 1907 lavora con Vamba al fiorentino "Giornalino della Domenica" e l’anno seguente è tra i primi collaboratori del "Corriere dei piccoli", per il quale disegna la testata, divenendone autore di punta e pubblicandovi numerose illustrazioni, rubriche e una serie di personaggi che lo rendono il più noto creatore di tavole per l’infanzia: Quadratino, Pierino, Pino e Pina, Chicca e Cialda, Italino, Caro e Cora, Polidoro Piripicchi, Lalla e Lolla, Grufoletto, il caprone Barbacucco e tanti altri.
In questi anni si dedica anche alla creazione di accattivanti manifesti pubblicitari per molte ditte commerciali e pubblica diversi volumi arricchiti da originali illustrazioni, fra i quali: Coretta e Core (1909), Versi e disegni (1911), I balocchi di Titina (1912), Viperetta (1919), Tic e Tac (1919), Lillo e Lalla (1920), Fata Acquolina (1920), La scuola dei giocattoli (1922), Fil di sole (1924), Teatro minimo (1925).
Nel 1918-19 è fra i redattori de "La tradotta", giornale destinato ai soldati al fronte. Nel 1927 dirige il "Balilla", periodico fascista dal quale presto si allontana per problemi di censura. Nel 1929 fonda e dirige "Mondo Bambino", rivista dei grandi magazzini milanesi “La Rinascente”. Nel 1931 torna al “Corrierino” e dopo due anni fonda un’altra testata per ragazzi, “Mondo fanciullo”. Passa poi alla Mondadori, per cui dirige "Topolino", "Paperino", “I tre porcellini” tra il 1935 e il 1940. In questo stesso anno tenta una nuova promettente avventura: il film d’animazione. Nasce Nel paese dei ranocchi, cortometraggio a colori premiato alla mostra del cinema di Venezia nel 1942.
Un altro disegno animato, Crescendo rossiniano (1943), non vedrà la luce a causa della guerra. Negli anni successivi al conflitto riprende a collaborare a diverse testate - “Bambola”, “Gazzetta dei Piccoli”, “Modellina” - e fonda e dirige a Sanremo un settimanale indipendente di satira e informazione “Il Gazzettino della Riviera dei Fiori” (1949) poi diventato “Il Gazzettone” e “La Gazzetta di Sanremo”. Nel 1955 realizza il suo terzo disegno animato: I sette colori.
Morirà nel sonno, negli amati boschi di Bajardo il 1° luglio 1964.
Dopo le mostre organizzate in questo stesso museo nel 1995 (L’amico delle nuvole) e nel 2005 (Antonio Rubino narratore per i ragazzi), a cura di Claudio Bertieri, il Comune di Sanremo gli dedica oggi una esposizione permanente allestita in collaborazione con l’Università degli Studi di Genova e la nipote dell’artista, Antonietta Rubino Cutini.
SALA RAGAZZI
«Tutti insistono nel dire che sono un pittore, un disegnatore, mentre, in coscienza, devo riconoscere che non sono né l’uno né l’altro: in realtà io non sono che un semplice scrittore. E mi spiego. Invece di raccontare ciò che vedo, che sento e che penso, ricorrendo come tutti al solito mezzo della scrittura ... io faccio come gli antichi egizi ... Quelli che voi chiamate disegni, non sono altro che ideogrammi, ossia geroglifici molto perfezionati secondo il mio stile e con più il colore ... Questa mia scrittura insomma, l’ho inventata apposta per far leggere le mie cose agli analfabeti, e dicendo analfabeti intendo soprattutto alludere alle creature più semplici pure, ai bambini insomma, ancora non vanno a scuola e che perciò non sanno ancora leggere. A. Rubino
SALA DIPINTI
Pittore piuttosto tradizionale quando si tratta di fermare sulla tela gli amati paesaggi naturali (Manegra, Il sentiero, Ultime nevi) Rubino mostra, al contrario, una non comune vena fantastica e una sorprendente originalità quando dà vita al suo bizzarro e inconfondibile immaginario. La maggior parte dei dipinti di Rubino rappresenta, nelle forme più diverse, quasi sempre antropomorfe, concetti astratti o personificazioni di questi: la Superstizione, il Rimpianto, il Distratto, il Buono, Il Cattivo, l’Amante della luna, le Voci del mare, la Moda e altri ancora. Rubino li definisce ideogrammi, ossia geroglifici molto perfezionati secondo il mio stile e con più il colore. Il desiderio di rendere con efficacia comunicativa questi concetti, spinge Rubino a tradurli in “disegni colorati” (come già definivano le sue opere i critici a lui contemporanei): piatte stesure cromatiche riempiono, rispettandola con precisione, una trama disegnativa ben definita; la tempera, che meglio permette di raggiungere gli esiti ora descritti, è la tecnica prevalentemente usata dall’artista.
In questa sala spiccano due dipinti di grande formato legati alla storia di Sanremo: la Faunetta e La Moda (Haute couture). Il primo, dalle raffinate forme déco, era parte dell’arredo dello stabilimento balneare Morgana, il cui nome fu suggerito proprio da Rubino, inaugurato nel 1922 (ricostruito nel 1936 e ancora oggi esistente); il secondo fu eseguito nel 1947 per la rinnovata attività di una elegante sartoria cittadina, Joséphine e Mina.
Accanto ai dipinti sono raccolte alcune altre testimonianze della multiforme attività di Rubino. I manifesti pubblicitari, il bozzetto per una scenografia e due disegni per tessuti raffiguranti uno il Fondo marino (1953), l’altro i simpatici protagonisti delle sue inconfondibili tavole per ragazzi.
Singolare e personalissimo, il fantastico universo di Rubino incuriosì i critici fin dagli inizi del secolo; nel 1913 Giuseppe Fanciulli notava: E’ evidente che di ogni oggetto e di ogni persona Rubino, col suo disegno, ci dà una schematica cifra; ma questa cifra non è ritrovata nell’intima natura delle cose, e nemmeno si può dire sia una personale concezione delle medesime; gli oggetti invece hanno dovuto trasformarsi per arrivare alla cifra grafica che era nella mente dell’autore.
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