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Oggi ci troviamo di fronte a una grave crisi entropica, che ha bisogno di soluzioni rivoluzionarie. Slow Food darà il suo contributo al nuovo umanesimo partendo da quattro concetti fondamentali:
Qualità del lavoro – alternare l’otium e il negotium, lavorare senza perdere il senso delle cose e della vita. La gente non ha paura di lavorare molto, ha paura dell’alienazione.
Rafforzare la reciprocità – significa mettere in moto nuove energie attraverso la solidarietà: alcuni modelli già esistono, sono le Community Supported Agriculture o i Gruppi di acquisto solidali. Ispirarsi alla generosità contraccambiata delle civiltà contadine.
Buono e bello sono un diritto di tutti – la battaglia politica si fa su questo, è la nuova missione di Slow Food per i prossimi quattro anni.
Rompere il monopolio del sapere che ignora l’oralità e la cultura contadina. Restituire la giusta dignità alle lingue indigene e ai dialetti, senza dimenticare il riconoscimento storico alla lingua materna come elemento chiave per la costruzione dell’idioma nazionale lasciatoci da Antonio Gramsci».
Infine Carlo Petrini ha voluto lasciare ai delegati del VII Congresso la metafora più calzante: «Siamo in un momento difficile, in un freddo inverno in cui dobbiamo munirci di una buona coperta. Pensate a un patchwork. Esso è composto da piccoli pezzi di stoffa, che da soli non servono a coprire nulla. Ma se uniamo questi pezzi di diversi colori con un filo robusto, ecco che otteniamo una coperta calda e bella. Le comunità di Terra Madre sono i pezzetti di stoffa. Slow Food è il filo. Siate filo per le comunità dei vostri territori e realizzeremo insieme la nostra concreta utopia».
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