Il 25 gennaio torna nel Teatro dell’Opera ore 16.30 Folco Quilici, (foto) presidente della giuria tecnica del premio “Libro del mare” con il volume “Terre d’avventura” Amazzonia, kalahari, Sahara, Melanesia. Introduce Piero Ottone con Ito Ruscigni.
Dopo aver narrato nei Miei mari le avvincenti esperienze nelle acque di tutto il mondo, Folco Quilici ci racconta ora di un'altra parte della sua vita attraverso la cronaca dei viaggi e delle non meno eccezionali esperienze che ha vissuto sulla terraferma. Animato da un profondo amore per la natura e da un'insaziabile curiosità per ogni aspetto della civiltà umana, dalle sue forme più edificanti, come l'arte o l'impegno nella difesa dell'ambiente, fino a quelle più ripugnanti, come la tratta delle donne e dei bambini, l'autore ci accompagna negli angoli più remoti del pianeta.
Eccoci allora trasportati alle foci del Gange sulle orme delle ultime tigri del Bengala, nei fiumi disseccati dell'Amazzonia regno dei cercatori di diamanti, sui laghi salati delle Ande, nell'immenso spazio vuoto del deserto del Sahara, tra superstiti pigmei dell'Africa equatoriale, nelle lussureggianti foreste tropicali e nelle desolate tundre glaciali, tra i suoni e le architetture delle vie di Samarcanda, la città perduta di Tamerlano, in Uzbekistan.
Quilici ha catturato in straordinarie immagini usi e costumi di popoli tanto lontani e diversi dalle nostre tradizioni che, talvolta, ne ignoriamo persino l'esistenza. Ci svela così le leggi che regolano i matrimoni presso i tuareg, espressione di una forte emancipazione femminile; la particolare strategia di caccia degli "uomini-struzzo" nel Kalahari; l'antropofagia dei puka-puka, popolazione della Melanesia dedita fino a poco tempo fa al cannibalismo; il carnevale più antico e colorato del mondo a Baldev, in India; l'arte pittorica degli aborigeni della Terra di Arnhem, veri e propri mistici che cercano di entrare in contatto con gli spiriti attraverso le immagini. Ma soprattutto ci fa capire come ogni viaggio che porta alla scoperta dell'altro o di dimensioni sconosciute dell'esistenza sia anche un'avventura del cuore, che estende i confini non solo geografici della nostra conoscenza.
Dopo aver narrato nei Miei mari le avvincenti esperienze nelle acque di tutto il mondo, Folco Quilici ci racconta ora di un'altra parte della sua vita attraverso la cronaca dei viaggi e delle non meno eccezionali esperienze che ha vissuto sulla terraferma. Animato da un profondo amore per la natura e da un'insaziabile curiosità per ogni aspetto della civiltà umana, dalle sue forme più edificanti, come l'arte o l'impegno nella difesa dell'ambiente, fino a quelle più ripugnanti, come la tratta delle donne e dei bambini, l'autore ci accompagna negli angoli più remoti del pianeta.
Eccoci allora trasportati alle foci del Gange sulle orme delle ultime tigri del Bengala, nei fiumi disseccati dell'Amazzonia regno dei cercatori di diamanti, sui laghi salati delle Ande, nell'immenso spazio vuoto del deserto del Sahara, tra superstiti pigmei dell'Africa equatoriale, nelle lussureggianti foreste tropicali e nelle desolate tundre glaciali, tra i suoni e le architetture delle vie di Samarcanda, la città perduta di Tamerlano, in Uzbekistan.
Quilici ha catturato in straordinarie immagini usi e costumi di popoli tanto lontani e diversi dalle nostre tradizioni che, talvolta, ne ignoriamo persino l'esistenza. Ci svela così le leggi che regolano i matrimoni presso i tuareg, espressione di una forte emancipazione femminile; la particolare strategia di caccia degli "uomini-struzzo" nel Kalahari; l'antropofagia dei puka-puka, popolazione della Melanesia dedita fino a poco tempo fa al cannibalismo; il carnevale più antico e colorato del mondo a Baldev, in India; l'arte pittorica degli aborigeni della Terra di Arnhem, veri e propri mistici che cercano di entrare in contatto con gli spiriti attraverso le immagini. Ma soprattutto ci fa capire come ogni viaggio che porta alla scoperta dell'altro o di dimensioni sconosciute dell'esistenza sia anche un'avventura del cuore, che estende i confini non solo geografici della nostra conoscenza.
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