Nuovo mare e nuovo ricchissimo ciclo pittorico, per il pittore bogliaschino Gian Marco Crovetto. Dopo la Corsica e la Francia, la ricerca del bravo e ormai famoso artista ligure è proseguita con una lunga “trasferta” nel Nord Africa. Crovetto ha realizzato una serie di dipinti ispirati dalla bellezza di questi luoghi, e si prepara per una prossima mostra personale a Genova. «Insieme alla mia collega Rosalba - racconta Crovetto - siamo stati a lavorare per un mese e mezzo, a maggio e a giugno, nella Medina di Mahdia, che si trova sulla penisola del Cap d’Africa, tra Burj el Kabir e l’antico porto e il faro. Ho fatto vari quadri a olio e molti acquerelli. Con Rosalba abbiamo visto le città vicine - Sousse, Monastir, El Jem, Djerba - ma la cosa che veramente mi ha colpito è la vita dei pescatori del posto dove eravamo, che usano barche e strumenti tradizionali, piuttosto antiquati, e vivono una vita semplice e difficile fatta di pesca, preghiera e superstizione».
Un luogo che ha letteralmente “folgorato” Crovetto, da sempre amante dei posti di mare: «Mahdia - prosegue il pittore - non è ancora troppo turistica e mantiene un tipo di vita in riferimento a un passato con poche comodità. La Medina di Mahdia è un centro antico fatto di vicoli stretti a labirinto con case piccole quadrate popolate da gatti, decorato da ceramiche e lastricato di pietre, dove il quotidiano appare ancora autenticamente mediterraneo».
Per Crovetto, l’incontro con un altro mare non è stato «nulla di casuale; forse la fortuna di aver vissuto un mese a San Fruttuoso di Camogli agli inizi del mio lavoro, nel 1994, e di aver sentito dentro di me una Liguria più naturale e vera, ha fatto nascere dentro di me l’amore per la pittura del Novecento, la mia ricerca nei luoghi di culto dei maestri contemporanei. La pittura legata alla natura del paesaggio l’ho poi imparata “en plein air”. Sento l’avventura e la meraviglia come un carburante per raccontare le proprie emozioni. Pensando poi a Matisse, che inventa il Movimento Fauve in Corsica, in questa terra arsa e spazzata dal vento, il sogno mediterraneo non poteva che finire che in Cap d’Africa...».
Qui, ricorda Crovetto, «la nostra casa, con una finestra sul porto punico, e l’antico cimitero dei pescatori di Mahdia sul promontorio del Cap Africa, è stata il mio studio per un mese e mezzo. Qui l’intensità accecante e allo stesso tempo morbida della luce mi ha avvolto, mentre sempre più chiaramente il colore diventava un mezzo espressivo, mentre i contrasti si acuivano e il colore acquistava, a mio modo, significato simbolico».
A ispirare il talento del pittore è stata «la vita dei pescatori, i loro oggetti quotidiani, le vecchie barche in legno. Quella gente che mi era sembrata subito così strana nei modi e gesti, ora, vivendoci, mi comunicava un senso di maggior sacralità nei confronti del mare, una maggiore consapevolezza culturale».
Tornato in Corsica, Crovetto racconta: «Sto ancora elaborando l’esperienza africana, fatta di colori vivi e contrastati, d’esaltazione e frenesia coloristica, come un vino troppo giovane. Per il momento, quindi, non ho nessun’altra meta in particolare. A breve mi attiverò per la mostra da realizzare a Genova». Il mercato, a proposito. Anche l’arte ha subìto le conseguenze della crisi economica mondiale: «La crisi - conclude Crovetto - ci ha sopraffatto tutti, facendoci sentire incapaci e sconfitti. Questo, purtroppo, è il nostro tempo. Lo sconforto è una costante, di fronte alla politica del mondo. Ma nei miei quadri cerco di rimanere sempre me stesso: è il mio modo di ribellarmi e liberarmi nello stesso tempo, di rifiutare».
Un luogo che ha letteralmente “folgorato” Crovetto, da sempre amante dei posti di mare: «Mahdia - prosegue il pittore - non è ancora troppo turistica e mantiene un tipo di vita in riferimento a un passato con poche comodità. La Medina di Mahdia è un centro antico fatto di vicoli stretti a labirinto con case piccole quadrate popolate da gatti, decorato da ceramiche e lastricato di pietre, dove il quotidiano appare ancora autenticamente mediterraneo».
Per Crovetto, l’incontro con un altro mare non è stato «nulla di casuale; forse la fortuna di aver vissuto un mese a San Fruttuoso di Camogli agli inizi del mio lavoro, nel 1994, e di aver sentito dentro di me una Liguria più naturale e vera, ha fatto nascere dentro di me l’amore per la pittura del Novecento, la mia ricerca nei luoghi di culto dei maestri contemporanei. La pittura legata alla natura del paesaggio l’ho poi imparata “en plein air”. Sento l’avventura e la meraviglia come un carburante per raccontare le proprie emozioni. Pensando poi a Matisse, che inventa il Movimento Fauve in Corsica, in questa terra arsa e spazzata dal vento, il sogno mediterraneo non poteva che finire che in Cap d’Africa...».
Qui, ricorda Crovetto, «la nostra casa, con una finestra sul porto punico, e l’antico cimitero dei pescatori di Mahdia sul promontorio del Cap Africa, è stata il mio studio per un mese e mezzo. Qui l’intensità accecante e allo stesso tempo morbida della luce mi ha avvolto, mentre sempre più chiaramente il colore diventava un mezzo espressivo, mentre i contrasti si acuivano e il colore acquistava, a mio modo, significato simbolico».
A ispirare il talento del pittore è stata «la vita dei pescatori, i loro oggetti quotidiani, le vecchie barche in legno. Quella gente che mi era sembrata subito così strana nei modi e gesti, ora, vivendoci, mi comunicava un senso di maggior sacralità nei confronti del mare, una maggiore consapevolezza culturale».
Tornato in Corsica, Crovetto racconta: «Sto ancora elaborando l’esperienza africana, fatta di colori vivi e contrastati, d’esaltazione e frenesia coloristica, come un vino troppo giovane. Per il momento, quindi, non ho nessun’altra meta in particolare. A breve mi attiverò per la mostra da realizzare a Genova». Il mercato, a proposito. Anche l’arte ha subìto le conseguenze della crisi economica mondiale: «La crisi - conclude Crovetto - ci ha sopraffatto tutti, facendoci sentire incapaci e sconfitti. Questo, purtroppo, è il nostro tempo. Lo sconforto è una costante, di fronte alla politica del mondo. Ma nei miei quadri cerco di rimanere sempre me stesso: è il mio modo di ribellarmi e liberarmi nello stesso tempo, di rifiutare».
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